Inevitabilmente la ricetta di questo periodo così brioso e primaverile (credici) non poteva che essere un dolce invernale.
CONFETTURA DI PERE E AMARETTI
Tempo: 1 ora e 20 minuti
Perderete più tempo a cuocere che a sbucciare e tagliare.
Difficoltà: molto bassa
Vi farete più male a sbucciare e tagliare che a cuocere.
Costo: basso
Ve la caverete con 5 euro di spesa se sapete scegliere la qualità giusta di frutta. Gli amaretti nel caso costano poco. Potreste pure farli in casa… mmmh… mi sa che ho un’altra ricetta in mente per le prossime volte.
Ingredienti
– 1 kg e 200 grammi di pere (a voi scegliere quali)
– 300 grammi di zucchero semolato
– una dozzina di amaretti
– succo di mezzo limone (facoltativo)
– qualche pinolo (facoltativo)
Evviva! Ci voleva un po’ di ritorno alle origini, usare una ricetta talmente facile da poter essere sbagliata in duecento modi diversi. La verità è che per fare la marmellata non esistono davvero delle proporzioni stabilite assolute e inderogabili, non esiste un “Manuale perfetto del bravo marmellatore” e, a quanto io sappia, nemmeno un’Associazione Mondiale Marmellate (AMM, onomatopeico). Tuttavia, due gli elementi fondamentali da tenere in considerazione: il grado di gelificazione della frutta e la dolcezza. Ma andiamo con ordine:
Mi piace quando appiccica. Niente malizia, è vero. L’aspetto colloso e trasparente tipico delle confetture (sì, perché in verità la marmellata è solo quella di agrumi, il resto sono confetture. Un po’ come in inglese la differenza tra marmelade e jam) è dato da una sostanza chiamata pectina, un enzima che si trova in tutta la frutta ma in percentuali diverse. In pole position per contenuto di pectina abbiamo le mele, seguite dalle arance; in terza posizione abbiamo le pesche.
La confettura s’ha d’essere dolce. Inutile schivare gli zuccheri per fare cose dietetiche, la marmellata deve essere dolce. E’ un elemento del mattino, abbiamo tutti bisogno di energie, perciò insomma, facciamocelo andare bene. Sappiamo bene che non tutte le qualità di frutta hanno lo stesso accento zuccherino, anzi, anche all’interno di una stessa tipologia di frutto abbiamo varianti più o meno dolci. Guardate le mele: riconoscereste ad occhi chiusi una renetta da una granny smith.
Tenendo conto di questi due elementi, facciamo attenzione a come dosiamo gli ingredienti. Cominciamo.
Prendiamo le pere, laviamole accuratamente e sbucciamole una ad una. Non togliamo del tutto lo strato esterno, perché in verità la pectina si trova principalmente sulla buccia e non nella polpa. Indi per cui, lasciamone un po’. A questo punto tagliamo le pere a tocchetti, buttiamole in una pentola capiente e sommergiamole dallo zucchero. Dopo una buona mescolata, lasciamo a macerare per una trentina di minuti. Cosa succederà? Le pere a contatto con gli zuccheri rilasceranno la benedetta pectina (e un po’ di succo), la quale si depositerà sul fondo.
Evviva! A questo punto, dopo che avremo avviato il processo di gelificazione, concludiamolo dando il secondo colpo di grazia alla pectina: il calore. Detto in parole povere, accendiamo il fuoco e rigirando, portiamo a bollore. A questo punto abbassiamo la fiamma e lasciamo macerare, mescolando di tanto in tanto, più frequentemente verso la fine della cottura. Il processo sarà più o meno questo:
Con il passare del tempo succederà questo:
Praticamente la polpa si scioglierà e la confettura assumerà man mano una caratteristica semi-trasparenza. Se non amate le confetture “a pezzi”, vi consiglio di schiacciare un po’ la frutta oppure di passarla al frullatore ad immersione per qualche secondo. Ottenuto il risultato sperato, non ci resta che fare la cosiddetta prova della cucchiaiata, per capire se è pronta la confettura. Insomma, su un piatto freddo mettiamo una noce di prodotto e poi incliniamolo. Se questo scivolerà con lentezza vuol dire che è pronto. Se non scivola l’abbiamo ridotta troppo (ed è una purea), se scappa è ancora liquida e va fatta ridurre ulteriormente.
Adesso sbriciolate qualche amaretto dentro il composto ancora caldo e mescolate. Se lo desiderate aggiungete anche qualche pinolo. Ora prendete un bel barattolo a chiusura ermetica (ne vendono ovunque nei negozi di casalinghi, ma anche nelle catene di supermercati ce ne sono) accuratamente lavato (meglio se bollito) ed asciugato. Metteteci dentro la confettura fin quasi all’orlo e chiudete ermeticamente. Per evitare l’arrembaggio dei batteri si consiglia di far bollire di nuovo il tutto con il composto dentro. Se decidete però di consumarla entro breve allora non lagnatevi con questi passaggi e limitatevi a chiudere il barattolo. Il risultato sarà questo.
Considerazioni finali
Come dicevo in apertura, esistono certe variabili di zucchero nella stessa tipologia di frutta. Per la ricetta attuale ho usato le pere williams che sono piccole e molto compatte, meno delle abate di sicuro. Hanno un grado zuccherino che, su una scala da 0 a 5 sta a 2,5 (mentre le abate sono a 1). Ancor meglio (soprattutto per la stagione), sono le kaiser, più dolci (diciamo un 3,5) ma sicuramente più farinose e facili da sciogliere; oltretutto userete meno zucchero.
La scelta degli amaretti, così dolci, vi potrebbe permettere di diminuire drasticamente e ulteriormente la quantità di zucchero. A me piace dolce, quindi me ne sono fregato e via con una classica proporzione 1 a 3 (100 grammi di zucchero ogni 300 di prodotto pulito). Il pinolo spegne un po’ questa dolcezza infinita dando un tocco un po’ amaro, spezzando anche la vellutata sensazione della confettura classica.
Accompagnamento: fette biscottate
Quando penso alla marmellata è indubbio che mi venga in mente la colazione, non si scappa. Se la fetta biscottata è integrale ancora meglio, un contrasto un po’ diverso e sempre meno dolce. Pensa te, faccio la confettura di pere e mi ritrovo a spegnerne la naturale dolcezza con duemila espedienti. Devo essere scemo.