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Torrone morbido

24 Dic

TORRONE MORBIDO

Tempo: 3 ore e 30 minuti

Vi ho fregati: il dolce è banale ma la preparazione lunga e precisa.

Difficoltà: alta

Vi ho fregati di nuovo: c’è da stare attenti coi tempi, con le temperature, con il dosaggio degli ingredienti. Insomma, c’è da spazientirsi. Si sa, Natale vuole che ci si cimenti con dolci elaborati.

Costo: medio-basso

Vi frego per la terza volta: a dolce complesso non sempre corrisponde un costo elevato. Qui le uniche cose che costano sono le mandorle (e i pistacchi), per il resto son tutti prodotti di base. Massimo massimo andate a spendere una decina di euro.

Ingredienti

– 100 ml di acqua

– 200 grammi di miele (qualsiasi tipo, decidete voi)

– 200 grammi di zucchero semolato

– 300 grammi di mandorle

– 150 grammi di pistacchi

– 2/3 albumi d’uovo

– fogli di ostia

Benissimo, avevamo parlato di un dolce banale ed eccolo qua: il classicissimo torrone morbido; ma prima della ricetta un po’ di storia.

Come accade per le parole di uso comune, tutti i dolci più conosciuti e semplici hanno origini brumose. Alcuni dicono che il torrone derivi dal Torrazzo, torre campanaria della città di Cremona, dove pare sia comparso per la prima volta nel primo Rinascimento (clamoroso periodo di sperimentazioni culinarie, non come il pan di spagna, di cui abbiamo già parlato, che viene ben tre secoli dopo); altri vogliono che invece derivi dal latino torreo (abbrustolire), ma anche dall’arabo turun. Insomma, fatto sta che nessuno davvero sa da dove venga sto torrone maledetto. Io personalmente propendo per la versione araba/orientale, se non altro per la fortissima presenza di prodotti tipici dei territori asiatici, il miele e la frutta secca, ampiamente usati nella pasticceria turca. Nulla ci vieta di pensare che la mandorla (tipicamente orientale) sia stata generosamente arricchita dagli Arabi che in seguito hanno influenzato la cucina dell’Occidente, durante le loro conquiste.

Bando alle ciance, iniziamo. Per prima cosa mettiamo sul fuoco il miele a bagnomaria e lasciamo che cuocia per un’ora e mezza, mescolando di tanto in tanto. Una mezz’ora prima del termine della cottura, andiamo a creare uno sciroppo unendo su un altro fuoco l’acqua e lo zucchero. Portiamoli a bollore controllando accuratamente la temperatura, la quale non deve superare i 140°. Muniamoci di un termometro da dolci, il quale ha un costo non troppo elevato (si aggira tra i 10 ed i 20 euro per chi fosse interessato). Se cucinate con solerzia sicuramente ne avrete bisogno, non esitate ad acquistarlo. Del resto, se state prendendo in seria considerazione l’idea di fare il torrone come dolce vuol dire che siete cuochi metodici, perciò sì, ecco, compratevelo.

Molto bene. Quando la temperatura dello sciroppo raggiunge i 100°, agevolatevi cominciando a montare a neve fermissima i bianchi d’uovo, possibilmente con l’aiuto di qualcuno. Dico questo perché avrete bisogno di entrambe le mani libere per effettuare il passaggio successivo. Infatti non appena si sarà creato il composto a neve, versate a filo sugli albumi prima il miele e poi lo sciroppo di zucchero. Continuate a sbattere finché non inizierà ad indurirsi.

A questo punto ritagliate i fogli di ostia secondo la dimensione base del contenitore che volete utilizzare. Anzi, tagliatene subito due, uno per la base e uno per la sommità. Mentre il composto monta ulteriormente, sminuzzate a pezzi grossolani sia le mandorle che i pistacchi ed uniteli all’amalgama, opportunamente quando il tutto sarà ben montato, altrimenti si incastrerà tutto nelle fruste.

Adagiate quindi il foglio di ostia sulla base del contenitore, versate il composto, livellatelo e infine ricoprite con un secondo foglio di ostia. Ponete in frigorifero almeno almeno 3 ore e poi potrete tranquillamente tagliarlo e papparvelo.

Considerazioni finali

Esistono sostanzialmente due varianti del torrone: morbido e duro. La differenza base per ottenere il primo o il secondo sta nei tempi di cottura. Se avete una notte da perdere e volete un torrone spacca denti, andate a cuocere il miele per 12 ore, vi divertirete, giuro. Almeno finché non inizierete ad avere le visioni alle 4 di mattina, dopo aver passato le precedenti cinque ore a guardare repliche di Sentieri sui Rete4. Per la prima versione, ovvero quella da me adottata, basteranno sostanzialmente due ore di cottura, minuto più, minuto meno.

Inoltre la cosa bella di questo dolce è che, nel limite della frutta secca, potrete sbizzarrirvi sul contenuto. Io ho usato mandorle e pistacchi perché danno colore ma voi potete usare pinoli, nocciole, uva americana e – perché no – pure albicocche disidratate. Tanto il dolce è pesante, andiamo fino in fondo.

Accompagnamento: mazzo di carte del Mercante in fiera

Il torrone è l’ultimissima cosa che si ingurgita al pranzo di Natale, quella cosa per il quale serve obbligatoriamente il secondo stomaco. Non bevete nulla, è inutile. Piuttosto sgranocchiatelo mentre fate le vostre puntate al Mercante in fiera, altro classicone natalizio. Lo ammetto, a me fa sempre piacere pensarci, forse quest’anno replichiamo e ci faremo delle grosse partite. Tanto so che la mia carta simbolo è l’Asino, mentre io vorrei tanto essere l’Ancella o la Paradisea. Voi che carta siete?

Esercizi di correzione

25 Ago

Aumentare le dosi di una ricetta è direttamente proporzionale alla nostra capacità di perdere la concentrazione. In altre parole è come domandarsi “ti emozioneresti di più davanti ad un cioccolatino o una montagna di cioccolatini?”. Penso avrei un senso di vertigine se mi trovassi di fronte ad un quintale di tavolette perfettamente incartate nel loro classico involucro argentato. La stessa cosa accade quando i commensali triplicano, quadriplicano o addirittura decuplicano. Il lato positivo di questa serie interminabile di sviste sta nell’acquisire seduta stante una discreta somma di assaggiatori.

Il già difficile compito del cuoco singolo che non dispone di una cucina professionale è spesso aggravato dall’unicità del suo metro di giudizio: ciò che a me sembra salato potrebbe apparire insipido ad altre cinque persone, addirittura dolce ad altre due (quest’ultime probabilmente non sono state fornite da madre natura di papille gustative sane). Avere piccoli critici in erba è decisamente un ottimo esercizio di stile culinario, ancor più di valore quando si tratta di amici (dediti al pragmatismo e all’apertura di cuore). In cucina amare vuol saper (anche dire) “ci hai messo troppo zucchero”.

Metti una sera a cena un gruppo nutrito di amici, metti la voglia di sperimentare su un impasto dato per assodato, metti l’egocentrismo culinario e, ma sì, mettici anche il desiderio di offrire qualcosa di tuo. Matematicamente parlando, per la prima volta sperimento che la risultante degli addendi in questo caso è un prodotto, non una somma, una bella distribuzione di fattori che producono un elemento omogeneo.

Metti poi che tutti assaggino tutto, dando un bel giudizio su ogni cosa. Tra i “buono” e i “bravo” che sono immensamente gratificanti, ricevo altrettante critiche. Aggiustamenti, correzioni di direzione e giudizi sugli abbinamenti. Ho imparato insomma che cucinare a braccio è il modo migliore per sperimentare fino a che punto un ingrediente può spingersi con le sue qualità intrinseche. Esercizi di stile? Non proprio, più che altro esercizi di correzione per l’appunto.

QUATTRO MUFFINS SALATI

Tempo: 130 min.

Ho calcolato il tempo complessivo di una singola tipologia di muffins per una sola infornata. Indicativamente se volete cucinare tutte e quattro le tipologie (non necessariamente vanno servite assieme) allora consiglio di suddividere le fasi di lavoro in due giorni, tra sera e mattina. So che non è facile coordinarsi sulle tecniche di lavorazione, soprattutto quando si è legati dai lunghi tempi di lievitazione. Oltretutto, data la natura diversa delle farine, alcuni non lieviteranno molto. Il consiglio che vi do è quello di incastrare le infornate con la lievitazione e la preparazione dei successivi. Indicativamente avrete anche 10-15 minuti di pausa tra un’infornata e l’altra, quindi…

Difficoltà: 7 su 10?

Lo dico subito: è una faticaccia. Anzi, no. Voglio dire, in parte è difficile ma allo stesso tempo il procedimento è logico e semplice. Ripeto che la difficoltà sta nell’incastrare i tempi di lavorazione con le infornate e l’effettiva fatica fisica di impastare, ma al di là di questo non si va con la difficoltà. Sbufferete un po’, diventa noioso dopo il terzo muffin infornato; il risultato però rende e appaga.

Costo: alto

Non prendiamoci in giro, fare questi mufffins tutti insieme costa e nemmeno poco. Il muffin è un dolce d’oltreoceano e come tutti i dolci americani che si rispettino hanno mediamente un solo gusto portato all’eccesso; in questo caso è la farina. Coprire il sapore del grano con qualcosa di valido non è sempre facilissimo e ci occorrono ingredienti dal sapore deciso. Io ho cercato di bilanciare yin e yang modificando le farine, non sempre ci sono riuscito. Nota positiva: certi elementi hanno un sapore talmente intenso da non necessitare aumento di dosi nel caso si producesse per più persone. Vedremo quali.

Ingredienti (per 20-24 muffins)

Per la base:

– 500 grammi di farina (vari tipi, specificata qui sotto)

– 150 ml latte intero

25 grammi lievito di birra (un panetto)

– 50 grammi burro

– sale q.b.

– acqua q.b.

Per muffins integrali:

– farina ai cereali

– 150 grammi nocciole tostate e spellate

– 150 grammi pancetta affumicata

Per muffins classici:

– farina bianca tipo 0

– 200 grammi parmigiano

– 150 grammi speck

Per muffins semi-dolci:

– farina bianca tipo 0 + piccole aggiunte per riequilibrare il composto

– 250 grammi ricotta

– 250 grammi pistacchi salati

Per muffins vegetariani:

– farina di kamut + piccole aggiunte per riequilibrare il composto

– 500 grammi carote

– 300 grammi zucchine

– 200 grammi parmigiano

Preparare la base è molto semplice: far sciogliere il panetto di lievito nel latte, basta che mescoliate. Consiglio che il latte sia a temperatura ambiente, faciliterà l’azione dei batteri per la fermentazione successiva. Fate poi sciogliere a bagnomaria il burro. Che il fuoco sia basso, ricordate che l’acqua non deve bollire e soprattutto non deve intaccare l’ingrediente da sciogliere. Il burro va sciolto in questo modo così che non si crei la schiuma bianca in superficie: questa altro non è che il grasso contenuto nell’ingrediente, che rischia di alterare un pò la farina.

Prendete la farina prescelta e metterla all’interno di una terrina. Aggiungete sale in base a due caratteristiche: salinità degli ingredienti coinvolti (ad esempio diminuite dove abbiamo lo speck e i pistacchi, aumentate per quelli veg).

Per i muffins classici e veg: grattuggiare il parmigiano e unirlo direttamente alla farina. In seguito mescolate.

Per i muffins integrali: tritare a piacimento le nocciole ed unirle alla farina.

Per i muffins semi-dolci: tritare i pistacchi salati ed unirli al composto secco.

Unite il burro precedentemente fuso e mescolate così che la farina incorpori il calore del burro. Aggiungete poi il composto di latte e lievito, mescolando per bene. Si creerà un panetto abbastanza morbido ma non a sufficienta da risultare liscio ed omogeneo (rimarrà un pò di farina sul fondo). A questo punto dovremmo aggiungere un ammontare d’acqua sufficiente da raggiungere il risultato sopra descritto. L’acqua è proprio l’elemento cardine di questa fase di lavorazione, proprio perchè è quello che si può modificare più facilmente. Descrivo le varie modifiche che si possono apportare.

Per i muffins integrali e classici: aggiungete soltanto acqua, non serve altro. Otterremo il famoso panetto soffice e omogeneo. Andiamo ora ad aggiungere la pancetta per gli integrali o lo speck per quelli classici. Impastiamo nuovamente con buona lena. Io consiglio di muovere la pasta con due mani, spondandola verso l’esterno e rigirandola verso il basso, come se stessimo creando una cupola: in questo modo gli ingredienti freschi si amalgameranno per bene, evitando che, nel momento di suddividere i singoli muffins da infornare, gli ingredienti siano sbilanciati.

Per i muffins semi-dolci: non aggiungete acqua, la ricotta è abbastanza morbida. Andiamo infatti ad aggiungere quest’ultima che tenderà a rendere il composto particolarmente molle. Il gioco ora è riequilibrare le dosi aggiungendo farina fino ad arrivare al panetto liscio e compatto. Non serve altro.

Per i muffins veg: l’acqua non va aggiunta ora. Andiamo però ad inserirla assieme alle carote ben sminuzzate in un frullatore. Il risultato che vogliamo ottenere è quello di una specie di frullato granuloso. Di conseguenza, basta un bicchiere di liquido (diciamo intorno ai 200 ml). Sminuzziamo poi le zucchine in tocchetti molto piccoli (si cuociono più facilmente); uniamo quindi il frullato di carote e le zucchine al panetto. Anche in questo caso risulterà un pò liquido (più che nei muffins semi-dolci): aggiungete allora della farina di kamut per solidificare il composto e non spaventatevi se rimarrà comunque piuttosto morbido e appiccicoso, faremo delle palline con dei cucchiai.

A questo punto dovremo mettere a riposare il composto, coperto con un panno pulito leggermente inumidito, così che il lievito possa intaccare con calma la farina e realizzare così la magia della fermentazione. Si dice che osservare la crescita di un composto lievitante abbia una grande componente sensuale, quasi erotica. Sarà forse l’allusione sottilissima alle tutt’altro che innocenti erezioni falliche? Personalmente penso che, dati i prolungatissimi tempi di lievitazione (anche ore), la libido vada a farsi benedire molto facilmente dopo una decina di minuti di osservazione. Non ci vedo niente di erotico, nel senso più diretto della parola, nel rimanere seduto su una sedia di legno ricoperta di paglia e il mento appoggiato sulle mani e respirare lentamente. Piuttosto usate un sotterfugio: posizionate una telecamera sul tavolo, inquadrate il panno coperto, pigiate sul classico pulsantino rosso REC e andatevene, magari ad accalappiare un/una partner. Nel migliore dei casi tornerete in compagnia, già reciprocamente protesi al desiderio sessuale e del tutto disinteressati al pane (a meno che non abbiate fantasie che includano pasta cruda lievitata). Il video, se proprio vi eccita avere pruriti sessual-culinari, guardatevelo in un secondo momento da soli.

Quindi, facciamo lievitare il composto per almeno un’ora. In questa fase le farine agiranno ben diversamente, a seconda del loro indice W. Ora, non mi dilungherò molto su cosa sia questo indice, vi basti sapere che rappresenta la quantità di glutine contenuta nella farina. Più l’indice è alto, più la farina assorbirà acqua, sarà elastica e resistente e tenderà ad avere una lievitazione lunga. Un indice basso invece indicherà bassa necessità d’acqua, lievitazione breve ma spumosa e farina poco resistente. La farina integrale ha un indice molto alto, quella 0 molto basso, il kamut medio-basso. In altre parole nel giro di un’ora dovremmo ottenere un composto molto gonfio dalle ultime due e molto compatto dalla prima. Ergo, muffins veg più alti ed integrali più bassi.

Una volta lievitato, il composto va diviso nei singoli pirottini. Consiglio vivamente di compare anche una teglia con gli avvallamenti tipici, ovvero i cosiddetti stampi da muffins. Costano mediamente poco (andiamo dagli 8 ai 20€ a seconda della profondità e della fattura; ovviamente esiste un noto marchio di grandi magazzini d’arredamento e suppellettili che ne vende a prezzi ancora più bassi e stracciatissimi). Una volta inchiavati nei pirottini, dobbiamo lasciarli lievitare (ancora?!) per una ventina di minuti, così che prendano la forma a fungo. Se non succede pazienza, ricordiamoci il famoso indice W di cui sopra. Finalmente, ad ennesima lievitazione avvenuta, possiamo infornare per 20-25 minuti a 170-180° (facciamo comunque la prova dello stuzzicadenti infilzato nel muffins per prova, se esce asciuto il prodotto è pronto). Facciamoli raffreddare un po’ in cucina, profumeranno che è una bellezza. Penso sia ora di mangiarli.

Quattro muffins salati

Un'immagine che rende maggiore giustizia al prodotto finale, elaborata da Cristiano Cistulli

Considerazioni finali

E’ stata una faticaccia, ve l’avevo detto. Il risultato per dovrebbe rendere abbastanza. Io nel procedere ho fatto qualche errore (meno ricotta e pistacchi non salati ad esempio), gli amici prontamente hanno consigliato e hanno aiutato a correggere il tiro, quindi la prossima volta so come comportarmi. Alcune considerazioni generali: usare tre tipi diversi di farina non è facilissimo, scombussola il principiante, confonde l’abitudinario e scoraggia il cuoco a costo basso. Inoltre hanno gusti davvero singolari (tipo la farina integrale), perciò abbiamo bisogno di accoppiare questi sapori decisi con ingredienti altrettanto decisi, che sappiano in parte contrastare e in parte mitigare. Il burro serve sempre per rendere più soffice un composto che sostanzialmente resta parecchio pesante, mentre il latte aiuta ad alleggerire il gusto deciso della farina in genere. Io tendo sempre ad usare meno acqua e sostituirla con un altro ingrediente fluido (come la ricotta), così che si crei un amalgama diverso, dalla compattezza variabile. Il sale è davvero un elemento fondamentale, soprattutto perchè questi muffins solo da aperitivo e non fungono affatto da dolce: a 500 grammi di farina possono corrispondere tre bei pizzichi di sale fino. Se abbiamo gli affettati possiamo diminuire, ben lungi però dal toglierlo completamente.

I muffins integrali rimangono piuttosto compatti, bassi e dal gusto particolarmente intenso. Le nocciole addolciscono il composto ma la pancetta affumicata contrasta perfettamente. La base farinosa dà un tocco aggiuntivo che non guasta. Meglio questa piuttosto che la farina bianca classica che tende a coprire un po’ troppo i sapori.

I muffins classici sono un must e una certezza. Formaggi ben stagionati e salumi sono un’accoppiata vincente in ogni occasione, ancora di più quando dobbiamo cucinare per un gruppo di persone. Riempiono, stuzzicano il palato e soddisfano. Alla larga intolleranti ai latticini e vegetariani, questo prodotto non fa per loro. Non serve tanto sale, il formaggio fa il suo dovere.

I muffins semi-dolci sono quelli dal gusto più delicato. I pistacchi contribuiscono a dare una nota salata e una certa croccantezza, mentre la ricotta tente a vellutare il composto farinoso. Quest’ultima è un formaggio fresco e delicato che si stempera facilmente. Non fate l’errore (mio) di comprare i pistacchi non salati, annullerete completamente l’effetto. Di ricotta inoltre ce ne vuole parecchia, soprattutto se oltre ad ammorbidire il composto vogliamo anche sentirne il gusto.

I muffins veg, oltre ad essere particolari nel contenuto di verdura, sono anche quelli più colorati, grazie alla presenza massiccia delle carote. Queste verdure non vanno cotte precedentemente: le carote crude mantengono le loro proprietà vitaminiche, il loro gusto abbastanza deciso e non rilasciano l’enorme quantità di zuccheri che invece hanno da cotte; le zucchine poi si cuociono davvero molto velocemente, ancor di più se sono sminuzzate finemente. Il parmigiano poi aggiunge una nota leggermente piccante al composto.

In generale, non dimenticate che il muffin è un prodotto tipicamente americano, quindi molto pesante e dal gusto deciso. Dato che in questo caso il sapore dominante è la farina, tentate di sostituirla con triti complessi (derivanti da altri prodotti che non sia il grano tenero) e immagazzinatela ad ingredienti freschi che sappiano il fatto loro.

Accompagnamento: acqua

Vi prego, gustateveli con calma senza aggiungerci altri gusti, già scateneranno un po’ di marasma sulla vostra lingua, non peggioriamo le cose. Inoltre l’acqua aiuta a buttare giù il mattone.