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Torta di semolino

4 Mar

TORTA DI SEMOLINO

Tempo: 2 ore o poco meno

La maggior parte del tempo verrà occupata dal tempo di riposo della frolla, per il resto la preparazione è rapidissima.

Difficoltà: bassa

Qui si tratta solo di mettere assieme tre composti diversi (frolla, pappa di semolino e copertura), una semplice stratificazione che – al massimo – richiederà una punta di rapidità nel lavorare il semolino caldo.

Costo: medio-basso

Penso che la cosa più costosa qui sia la ricotta che mantiene comunque prezzi contenuti. Il resto è tutta materia prima che un cuoco abituale ha in casa. A parte il semolino forse.

Ingredienti

Per la frolla:

– 125 grammi di farina 00

– 75 grammi di burro

– 100 grammi di zucchero semolato

– 3 tuorli d’uovo

– un pizzico di sale

– zeste di limone

Per la pappa di semolino:

– 125 grammi di semolino

– mezzo litro di latte intero

– 200 grammi di zucchero semolato

– buccia di mezza arancia

– 350 grammi di ricotta fresca

 

Ah, il semolino! Direi che questo prodotto è un buon discrimine che allontana la mia generazione dal quella dei miei genitori. Oggi lo si usa poco (pochissimo) ma un tempo la cucina tradizionale era solita utilizzarlo come materia prima di sostentamento. In verità tutt’ora utilizziamo la semola nella produzione classica, essendo questa null’altro che la farina derivata dal grano duro (mentre si usa il termine generico di farina per indicare quella classica di grano tenero). Il semolino deriva sostanzialmente da un’ulteriore macinazione della semola, riducendone pertanto la sgranatura (la grandezza del chicco).

La ricetta che vi propongo oggi è di derivazione toscana, prevede l’utilizzo del semolino come principale protagonista della farcitura, arricchita da alcuni elementi aromatizzanti, come la buccia d’arancia. Infine, è possibile fare una copertura della torta di semolino, a vostro completo piacimento.

Torta di semolino

Torta di semolino

Bene, cominciamo dalla frolla. La preparazione della base è molto semplice: uniamo farina, zucchero, sale, burro e la buccia di limone, impastando sfarinando il composto fino a giungere ad uno sbriciolato (un po’ come proponevo in chiave diversa qui). Adesso aggiungiamo i tuorli e impastiamo fino a creare la classica palla gialla e compatta. In verità questa volta il burro non sarà un potentissimo collante, lasciando il composto leggermente più ruvido e tendente a disgregazione. Il risultato sarà però una frolla delicata e farinosa. Adesso incartiamola nel cellophane e riponiamola in frigorifero per un’ora, deve riposare.

La pappa di semolino invece non ha bisogno di riposo, anzi, deve essere fatta abbastanza in fretta, sennò il semolino cotto si rapprende e diventa un pezzo di marmo, compromettendo la delicatezza della farcitura. Insomma, non vorrei mai vedervi costretti a passare il semolino nel passapomodori per sgranarlo. Attendiamo pertanto una mezz’ora, quaranta minuti e poi iniziamo a fare la crema. Mettiamo sul fuoco il latte a fiamma moderata, prendiamo a parte la ricotta e mescoliamola allo zucchero, al quale va poi aggiunta la buccia di arancia. Quando il latte sta per bollire, mettiamoci dentro il semolino e mescoliamo in fretta. Questo assorbirà rapidamente tutto il latte e si indurirà leggermente. Continuiamo a mescolare energicamente fino a che il composto non inizierà a staccarsi dalle pareti del pentolino. A questo punto leviamolo e, ancora caldo, versiamolo sulla ricotta “arricchita”. Mescoliamo nuovamente e lasciamo leggermente riposare.

Stendiamo la frolla ad un’altezza pari a 6-7 millimetri, soprattutto se, come me, utilizzate una classica teglia tonda da 26 cm di diametro. Nel caso ne usaste una più piccola (per ottenere un dolce più alto), alzate la frolla a un centimetro. Ricordate però che, a tortiera più piccola corrisponde cottura più difficoltosa soprattutto al centro del dolce. Bene, dopo aver steso la frolla versateci sopra il composto di semolino, livellate per bene e mettete in forno a 160-170° per 45-50 minuti.

La copertura. Ricordo che io feci una classica stratificazione di cioccolato, una cosa semplice. Per questo basta prendere 200 grammi di cioccolato e 100 ml di panna fresca, sciogliere il cioccolato, metterci sopra la panna calda e mescolare. Questa specie di ganache va messa sul dolce raffreddato e lasciata solidificare per un’oretta. Poi ecco, potete mangiarla!

Accompagnamento: pensieri sparsi

Non me la sento di accompagnare questa torta a qualcosa da bere, non ha senso, soprattutto per come è scaturito il ricordo. Il semolino rappresenta per me la tradizione, il calore della casa e un passato indefinito che in qualche modo mi dà sicurezza. Placida tornava a casa e trovava la mamma con la torta pronta; io in qualche modo faccio lo stesso.

Considerazioni finali

Come avete visto non c’è nulla di difficile nel dolce, basta un po’ di velocità. Il semolino è un prodotto dal gusto non troppo acceso che ben si presta a fare da legante tra altri elementi, come in questo caso la buccia d’arancia e la copertura di cioccolato. Oltretutto, data la trasmissibilità di sapori del semolino, consiglio di non eccedere troppo negli aromi, a meno che non siate degli amanti di qualche particolare elemento. Ad esempio, io consiglio di mettere lo zeste di mezza arancia e non una intera, proprio per non accentuarne troppo la presenza. La frolla no, copre tutto, il limone si sentirà ma mica tanto. Un’ultima cosa: come dicevo la copertura è a piacimento, ad esempio si può fare qualcosa con la frutta secca, delle noci sarebbero l’ideale per dare un po’ di croccantezza (magari sostituite l’arancia con altro, che so, una goccia di aroma di mandorla oppure delle mandorle sbriciolate nell’impasto). Ci sono diverse varianti da provare. Se avete idee proponete!

I pasticceri sono il male

8 Set

Un uomo perbene, ligio al dovere, rispettato e stimato dagli abitanti del quartiere in cui vive. Un uomo distinto, semplice, di poche e gentili parole, che conversa con i vicini quando li incrocia tornando a casa da lavoro o la domenica uscendo per la villeggiatura. Un giorno si scopre che nello scantinato, sotto piccoli cumuli di terra smossa, ci sono i cadaveri di cinque bambini, tutti maschi, di età compresa fra i 5 e i 7 anni, con evidenti segni di sevizie e violenza sessuale. Scoperto, viene arrestato di fronte alla platea del vicinato, tra lacrime, stupore, urla di rabbia e smorfie di diniego. Dalle indagini poi si viene a sapere che a 6 anni il “Killer del vicinato” venne stuprato dal suo padrino, elemento che lo ha segnato per tutta la vita. Storie di ordinaria follia, se ne sentono tutti i giorni e si leggono sui quotidiani con la stessa regolarità con la quale infiliamo le scarpe.

Due amiche parlano sedute al tavolino di un bar. Meglio: una delle due parla copiosamente, riversa parole di un lungo racconto personale, mentre l’altra l’ascolta assorta, immaginando le scene invocate. Ma com’è successo? Non so, non me lo spiego ancora. Ci hai parlato da quando hai deciso? No. Ma dai, poverino. Non mi interessa, ho deciso. Ma perchè? Te l’ho detto non lo so. Eddai, non si può lasciare il proprio ragazzo senza nessun motivo, andiamo. Boh, le cose non andavano bene. In che senso, litigavate? Sì. Spesso? Abbastanza. Ti conosco da una vita, non si possono fare inversioni di marcia così rapidi. Aveva un cattivo odore. Come sarebbe aveva un cattivo odore? Non mi piaceva quando beveva la birra, mi dava noia. Ti dava noia? Sì, mi infastifiva; anzi, mi faceva proprio rabbia. E litigavate per questo? No no, figurati, solo che quando sentivo il tanfo amaro di birra che aveva il suo alito, ogni piccolo fastidio si ingigantiva e mi veniva voglia di lasciarlo. E’ ridicolo, lo sai? Lo so, però è così; mi ricorda mio zio che beveva birra continuamente e ruttava tutte le volte. Ah, non lo sapevo. Sì sì, poi era sporco, puzzava, ero costretta sempre ad andare da lui perchè i miei lavoravano tutto il giorno e io dovevo passare le giornate in quella catapecchia. Ogni volta che sento l’alito del mio ex-ragazzo, non so, mi ricordo di quell’uomo e mi arrabbio.

Anche nel secondo caso, storie di ordinaria follia. Ma si tratta davvero di pazzia o nonsense? A volte agiamo in preda all’istinto ancestrale, al fiuto e a sensi che esulano in qualche modo dal cervello. Archi riflessi che superano l’aspettativa media di un ritrarsi incondizionato di un muscolo guidato da un nervo scottato. Qual è il succo che possiamo spremere da queste due storie apparentemente così diverse fra loro? Semplice: che il male richiama altro male; o meglio che il dolore che subiamo automaticamente torna fra le nostre mani sotto forma di arma contundente. Non ci mettiamo che uno sbattere di ciglia per brandire quest’ascia e recidere legami logici, solo sulla base di esperienze pregresse. Così come un uomo può violentare bambini solo per aver subito la stessa sorte da piccolo, una donna può abbandonare l’amore di una vita perchè un odore richiama alla sua mente ricordi rancorosi, impedendole di ragionare.

Inevitabilmente ho fatto il salto nell’idea di base di questa morale (anche non condivisibile) e l’ho associata alla pasticceria. Il risultato di questo mio enigma mentale è che fondamentalmente, anche i pasticceri in qualche modo dispensano il male. Fondamentalmente i dolci sono salutisticamente parlando superflui alla nostra alimentazione di base; si trasfomano nel bene solo perchè non sappiamo rinunciare all’assuefazione degli zuccheri. Il nostro sadismo risiede in profondità, nel desiderio di offrire la stessa tentazione alla quale non sappiamo rinunciare in primis. Chissà perchè lo facciamo, ognuno di noi avrà di sicuro un motivo, un alibi, qualcosa che giustifica questa nostra smania di fare agli altri ciò che facciamo a noi stessi. Nel caso dei dolci, il male. Parlo per esperienza personale, ma sento sempre un brivido di compiacimento malvagio nel vedere un commensale che allunga di nuovo il piatto per la seconda fetta di torta e provo maggior simpatia per coloro che, al termine di un’abbondante cena al ristorante, lasciano un piccolo spazio per il dessert. Un male condiviso, assaporato in gruppo, direi quasi inverosimilmente afrodisiaco.

Vademecum - Foto di Claudio Fantuzzi

Per questo il post è dedicato ad una ricetta molto delicata ma altrettanto golosa e irresistibile, una lama sottile ed affilata, nascosta in una guaina di velluto.

TARTE AU CITRON

Tempo: 150 min.

Si tratta di una torta multistrato, quindi necessita di naturali tempi di raffreddamento proprio per sovrapporre gli strati successivi. Fortunatamente non si tratta di un dolce dall’elevato peso specifico, quindi si tratta di piccoli accorgimenti e dei naturali tempi di cottura.

Difficoltà: 6 su 10

Un dessert facile e di sicuro impatto. Si tratta di una ricetta francese dalla commistione di gusti piuttosto delicati, quindi farete bella figura. L’unico accorgimento sta nel renderla più “accattivante” con le decorazioni di meringa. Per il resto un dolce sicuramente affrontabile.

Costo: medio

Nulla di dispendioso, tutti elementi di base. L’unica cosa che vi costerà un po’ sono i limoni, soprattutto se sceglierete i grossi limoni di Sorrento, non trattati.

Ingredienti

Per la pasta brisée:

– farina tipo 00

– burro (in proporzione 1 a 2 con la farina)

– zucchero a velo (in proporzione 1 a 2 con la farina)

– acqua ghiacciata (indicativamente 50ml ogni 250g di farina)

Per la crema al limone:

– 3 uova intere

– 100 ml di panna

– 100 grammi di zucchero raffinato

– 2-3 limoni (succo e zeste)

Per la meringa:

– 2-3 albumi d’uovo

– zucchero (in proporzione 2 a 1 rispetto al peso degli albumi)

Ingredienti per la crema - Foto di Claudio Fantuzzi

Ingredienti per la crema – Foto di Claudio Fantuzzi

Sfatiamo subito lo spauracchio degli impasti di base: non tutti richiedono grande manualità. Nel caso della brisée possiamo dire che addirittura la manualità è scarsissima. Unico avvertimento, è un po’ una corsa contro il tempo, perchè abbiamo come fine ultimo quello di non far sciogliere il burro; perciò, qualche piccolo accorgimento. Usiamo utensili ben freddi (basta metterli in frigorifero qualche minuto), mettiamo l’acqua che ci serve in freezer una decina di minuti prima di usarla e tiriamo fuori il burro dal frigorifero all’ultimo momento. Se decidiamo di avvalerci dell’utile robot da cucina provvisto di lame taglienti, il gioco è praticamente fatto. Mettiamo assieme burro, farina e zucchero all’interno della ciotola di lavorazione e azioniamo il mixer: il risultato sarà un composto a briciole abbastanza grossolane. Travasatelo poi in una ciotola capiente e aggiungete l’acqua, impastando fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Nel caso risultasse troppo appiccicoso, aggiungete farina fino a risultato ottimale. Avvolgete il panetto in cellophane e riponete in frigorifero per mezz’ora, così che il burro torni solido e il composto diventi maggiormente lavorabile. Al termine dei trenta minuti, stendete la pasta e adagiatela nella tortiera che desiderate usare, infine rimettete il tutto il frigorifero per altrettanto tempo.

Preparazione della cema - Foto di Claudio Fantuzzi

Preparazione della cema – Foto di Claudio Fantuzzi

Non restate con le mani in mano, prepariamo la crema al limone. Il procedimento è ugualmente semplice: grattuggiamo il limone, spremiamone il succo, uniamo il risultante a zucchero, uova e panna. Sbattiamo per mescolare come si deve le uova ed otteniamo un composto senza grumi. Estriamo la base di pasta brisée dal frigo e versiamoci dentro la crema di limone. Indicativamente è necessario che questa giunga a circa tre millimetri dal bordo della pasta: in forno la crema si gonfierà e tenderà a riempire lo spazio rimanente. Dopo aver versato il composto, infornate per 30-35 minuti a 160-170°; ciò che dovrete ottenere sono una bella doratura della pasta e una crema solida. Sforniamo e facciamo raffreddare (la crema si abbasserà leggermente).

Meringa in preparazione - Foto di Claudio Fantuzzi

Meringa in preparazione – Foto di Claudio Fantuzzi

Mentre la torta è in forno, possiamo preparare la meringa. Mettiamo a bagnomaria gli albumi e lo zucchero raffinato, montiamo il tutto fino ad ottenere una crema lucida e particolarmente densa. A questo punto continuiamo a montare per quattro minuti, togliamo dal fuoco e continuamo a mescolare con forza per altri tre minuti. Il composto risultante sarà molto denso e facilmente usabile per decorazioni stabili. Riempiamo un sac-à-poche e decoriamo la superficie della torta (che nel frattempo avremo tirato fuori dal fuoco e fatto raffreddare). Ultimo accorgimento: lasciate il forno accesso a 100°, inseriteci la torta completa di meringa e lasciate lo sportello leggermente socchiuso, così che tutta l’umidità possa uscire. Lasciate nuovamente raffreddare completamente.

Considerazioni finali

Siccome pare che questa sia la ricetta degli accorgimenti, eccovene ancora qualcuno. La brisée va fatta in fretta, in un ambiente non troppo caldo e umido. Se aspettiamo troppo andiamo a lavorare una pasta troppo molle e ingestibile; invece abbiamo bisogno di un composto che rimanga compatto e che si possa stendere facilmente nella tortiera al momento opportuno.

Fasi di decorazione - Foto di Claudio Fantuzzi

Fasi di decorazione – Foto di Claudio Fantuzzi

Se vediamo che il tutto si scioglie troppo, rimettiamolo in frigorifero per qualche tempo. Secondo accorgimento: una meringa ben fatta rimane incredibilmente compatta, anche se mantenete voltato il recipiente che la contiene. Se la mettete subito in sac-à-poche non si seccherà e potrete mantenerla calda (se dovete aspettare il raffreddamento della base). Sbizzarritevi con le decorazioni, potrete farle anche a più piani senza che si affloscino. Inoltre, tenete nel forno la torta completa per poco tempo e raccomando di tenere lo sportello del forno leggermente aperto, la perdita di umidità è fondamentale (assieme alla temperatura moderata) per ottenere una meringa secca e leggera. Inoltre mantenerlo poco vi permetterà di avere una copertura croccante fuori e morbida dentro. Servite da sola la torta, è il giusto equilibrio tra croccantezza della pasta e sofficità della meringa. A dare il tocco importante rimane il limone.

Tarte au citron - Foto di Claudio Fantuzzi

Tarte au citron – Foto di Claudio Fantuzzi

Abbinamento: limoncello

Servitelo dopo aver mangiato la torta, vi tornerà in bocca il sapore del limone ma con una nota più forte.