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Diplomazia e lessico dei blog di cucina

10 Apr

Viviamo in un periodo storico (mi auguro decisamente breve) nel quale ci sono non solo delle parole tabù, ma addirittura dei veri e propri argomenti di conversazione che mai e poi mai andrebbero citati. Immaginare di unire queste parole-mai-dette ai canali di comunicazione digitale usuali diventa perciò un’impresa talmente ardua da richiedere un enorme sforzo di diplomazia, pena la perdita assoluta di efficacia della comunicazione. Sono teorie e teorie di pesantissimi sipari che si chiudono su conversazioni dette a bassa voce.

Quando parlo di argomenti off-limits mi riferisco ad esempio alla cucina. Esiste come una chiara e spasmodica ossessione nei confronti dei chili di troppo, delle maniglie dell’amore e del cibo “poco” sano. Io dunque, che un po’ per lavoro di comunicazione dovrei occuparmi e che tengo le fila di un blog fatto prevalentemente di ricette dolci dovrei avere vita particolarmente difficile. Chi segue il blog con una certa regolarità però sa che io da tempo ho abbandonato l’idea di schivare queste pesantissime tende nel procedere con il mio hobby culinario, decidendo pertanto di prenderle direttamente in faccia, oppure di aprirle tutte assieme. In altre parole: me ne sono sempre fregato della diplomazia dolciaria, preferendo ad essa una chiara e semplice idea, il 90% dei dolci è fatto di zucchero, accettalo.

Navigando tra numerosi blog e forum di cucina invece noto sempre più la tendenza a dichiarare nelle intestazioni delle ricette una realtà alternativa, fatta di particelle avversative o di qualità complementari. Della serie, dire “sei una gran brava persona” ad un ragazzo che non spicca per doti estetiche. Non è bello MA è simpatico. Ecco, un’avversativa.

Io non ho mai amato questo passare per il sottile un po’ gratuito, passando così la bomba in mano al povero lettore che, magari ignaro e alle prime armi, si ritrova a cucinare una sachertorte dove al burro è stata sostituita la margarina (più leggera) ma al quale non è stato detto che c’è una discreta dose di cioccolato nell’impasto. E che magari la glassa non è fatta di coriandoli e pillole bruciagrassi ma di zucchero e ulteriore cioccolato fuso. Parliamoci chiaro, se un pezzo di torta “si scioglie in bocca” non vuol dire che è fatto di ghiaccio, piuttosto che contiene una discretissima dose di burro che – magia! – con il calore si scioglie. Certo, esistono anche dolci con una dose ridotta di grasso (tipo quella che ho descritto recentissimamente qui); sono pochi, cervellotici e alla fine uno per costrutto mentale fa prima a prendersi una fetta di pan di spagna allo yogurt.

Così come non capisco la mania di voler per forza sostituire ingredienti classici con succedanei a basso contenuto calorico. Un conto è avere delle intolleranze, per non parlare delle allergie; un altro conto è sentire dentro di sé il bisogno di rinunciare alla ricetta originale in favore di un prodotto quasi uguale ma i cui ingredienti magari hanno reazioni diverse o addirittura profumi diversi. Chi si approccia alla cucina dolce per la prima volta dovrebbe innanzi tutto provare la ricetta originale e poi semmai cercare di sostituire, se il fine ultimo è evitare la disfatta dei propri fianchi. Sono deliberatamente disfattista: se non vuoi rinunciare alla linea, limita le dosi o la frequenza con la quale mangi dolci.

Voglio fare una prova: la prossima ricetta sarà deliberatamente grassissima MA la descriverò come se fosse piena di verità e qualità alternative. Così ho deciso.